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XIII Edizione - 2008

Locandina XIII Edizione - 2008 Festival delle Colline Torinesi

5/28 giugno 2008

And all for nothing!
For Ecuba!
Shakespeare Hamlet atto II scena 2ª

Perché un attore piange per Ecuba, si domanda Amleto. Che cosa è Ecuba per lui e lui per Ecuba? L’interrogativo shakespeariano miracolosamente sintetizza il mistero del teatro: interpreti che vivono in una finzione, spettatori che la giustificano, dando senso in definitiva a quel pianto.
Oggi il teatro ripete rispettosamente il suo ineludibile rituale, o, più spesso, esalta minime variazioni ad esso, correzioni del punto di vista.
Il concetto di creazione contemporanea, che il Festival delle Colline Torinesi vuole richiamare già a partire dallo stesso logo, è secondo molti operatori teatrali il più adatto a definire quegli artisti che rinnovano linguaggi del teatro, che progettano appunto variazioni al rito.
Nonostante il fatto che sia del tutto pleonastico proclamare la contemporaneità essendo impossibile eluderla, questa terminologia convenzionale – creazione contemporanea – risulta utile per raggruppare i lavori di registi, attori, compagnie che dimostrano una vitale, energica insofferenza per le trappole della banalità, spesso ricorrenti sulla scena, e sono capaci di proporre percorsi originali, frutto di scelte rigorose.  
Proprio una pluralità di stili e un considerevole impegno caratterizzano gli spettacoli dell’edizione 2008 del Festival: le contaminazioni teatro-circo di Huysman, la radicalità della ricerca linguistica di Suttascupa e di Sonia Chiambretto/Hubert Colas, il realismo grottesco e melodrammatico di Ricardo Bartís, le provocatorie metamorfosi realtà-finzione di Rabih Mroué e Lina Saneh, il dolente espressionismo di Emma Dante, la visionarietà di Vincenzo Schino, l’emozionante straniamento di Amir Reza Koohestani.
Teatro di parola scintillante è quello di Egumteatro, dei Teatri Uniti, di Gianfranco Berardi; teatro fuori dai teatri, fatto in una casa, nella proposta di Iraa Theatre, di Bosetti e Cuocolo che mettono in scena la loro vita, i casi loro e non di personaggi di fantasia.
Le sfide più impegnative al Festival sono poi quelle della compagnia Fanny & Alexander che, dopo Ada di Nabokov, si cimenta con un’altra saga letteraria del Novecento, il Mago di Oz, di Valter Malosti in lotta con l’iperbolico Testori della Passio Laetitiae et Felicitatis, di Antonio Latella che dell’Hamlet, addirittura in 11 tappe, indaga l’infinito gioco di specularità. Sarà il suo viaggio nella più celebre tragedia della cultura occidentale a farci ripensare non solo all’incomprensibile pianto dell’attore per una sconosciuta Ecuba ma anche al testamento di Amleto, alla sua impareggiabile vitalissima inesistenza.
Alcuni degli spettacoli della tredicesima edizione fanno anche parte di Carta Bianca, tre giorni di incontri sulla nuova creatività italiana e francese del teatro e della danza, un evento che proporrà le presentazioni di Muta Imago, David Bobée, Vincent Dupont, Gwenaël Morin, Michela Lucenti, Joachim Latarjet, Nicolas Ramond, Babilonia Teatri, Thomas Guerry.
L’impegno di tutti è che sia ancora un programma “attento alla varietà dei contenuti e delle compagnie ospitate in una lucida prospettiva di rinnovamento culturale”, come recita la motivazione del recente Premio Speciale Ubu assegnato al Festival. Un proposito che si può realizzare solo continuando a dialogare senza preconcetti con i partner e gli artisti d’Europa e del mondo. Uno di questi, Luigi Mainolfi, dopo Mario Merz e Marco Gastini, ha donato il suo segno originale al Festival, ibride figure più animalesche che umane, mitologiche e fantasmatiche che sembrano nutrirsi di parole, come gli attori.  

Sergio Ariotti

 

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