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venerdì 5, sabato 6, domenica 7 giugno ore 21
Teatro Astra, Torino
X(ics) RACCONTI CRUDELI DELLA GIOVINEZZA
Halle - Neustadt
di Enrico Casagrande & Daniela Nicolò
regia Enrico Casagrande & Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni, Sergio Policicchio, Mario Ponce-Enrile, Ines Quosdorf, Silvana Sportelli
in video Adriano Donati, Dany Greggio
e i gruppi musicali Foulse Jockers (I), Tomorrow Never Came (F), Types of Erin (D), Bring me to my 2nd burial (D)
produzione video Motus & Francesco Borghesi (p-bart.com)
riprese Francesco Borghesi, Daniela Nicolò
video compositing Francesco Borghesi
text compositing Daniela Nicolò
sound compositing Enrico Casagrande
sound design Roberto Pozzi
luci Daniela Nicolò
direzione tecnica Valeria Foti
consulenza architettonica Fabio Ferrini
elementi scenografici Erich Turroni - Laboratorio dell'imperfetto, Giancarlo Bianchini/Arto-Zat
relazioni Sandra Angelini, Federica Savini
in collaborazione con Patrizia Bologna
organizzazione e logistica Elisa Bartolucci, Valentina Zangari
consulenza amministrativa Cronopios
produzione Motus, Theater der Welt 2008 in Halle, Mittelfest 2008, Istituzione Musica Teatro Eventi - Comune di Rimini "Progetto Reti", Lux - Scène Nationale de Valence, La Biennale Danza di Venezia
con la collaborazione di L'Arboreto di Mondaino, Teatro della Regina di Cattolica, Teatro Petrella di Longiano
con il sostegno di Provincia di Rimini, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Progetto Geco - Ministero della Gioventù e Regione Emilia Romagna
durata 1h 10'
Tentare di dipingere la giovinezza entra in corto con il nostro vissuto della giovinezza, con ricordi e tumulti di uno stato che non c'è più, è passato, lontano, crudelmente trascorso. Il contatto con l'incoscienza adolescente provoca un rimescolamento di emozioni che azzera e sminuzza tutte le convinzioni sul teatro accumulate nel tempo: ne risultano capitomboli di pensiero, coriandoli di certezze, briciole di polistirolo di senso...
Parti con idee, concetti, riferimenti sociologici, poi una volta dentro certe atmosfere - in cui ci siamo infiltrati sperimentando una tecnica documentaria non invasiva e quasi invisibile - ti trovi a fare un balzo all'indietro, regressivo. Non è nostalgia, ma per far vivere sul palco altri mondi, occorre immergersi. Come ricreare certi stati di sospensione nella solitudine pomeridiana della città? Il vagare, l'ansia o lo starsene in vacua attesa su una panchina a desiderare incessantemente che qualcosa di nuovo e meraviglioso giunga... "Aspetto, temo non avere niente di meglio da fare..." diceva Malcolm all'inizio del libro di James Purdy cui volevamo dedicare un film impossibile. Il fantasma di Malcolm resta nell'aria, aleggia sulle riprese avventate che abbiamo fatto ai margini di tre diverse città... Ci siamo spostati veloci con le videocamere sempre accese, eternamente perseguitati dalla curiosità di ragazzini che finalmente avevano trovato "qualcosa da fare": inseguire la troupe "degli italiani" che non fa televisione, come tutti ci chiedevano, ma raccoglie appunti per un film futuro, confluiti ora in questa specie di spettacolo ibrido che assembla i germi di un concerto stridente e di una danza sporca e asincrona, scaturita dal rapporto con il catrame della strada. Questi esperimenti ci hanno dunque spinto ad andare in quei luoghi appartati, terrain-vagues, in cui si fugge per i primi baci, le prime trasgressioni, i primi tentativi di esserci... per essere dove? «in un mondo in cui non ho mica chiesto io di venire ad abitare!»
"Il problema non è il vuoto che i giovani hanno dentro ma il deserto creato dagli adulti, dove sono obbligati a stare fin dalla nascita" scriveva Paul Goodman già negli anni '60... ed è un po' questo che ancora emerge dalle conversazioni con i ragazzi...
«Come posso avere fiducia nelle leggi se tutte le istituzioni, create dagli adulti, la chiesa, la politica, le forze dell'ordine, le università... sono corrotte... e come affezionarsi alla bellezza di questo mondo se si assiste di continuo allo spettacolo della guerra e della distruzione ambientale? No... il problema non è il vuoto dentro noi ma il deserto creato dai grandi...».
I giovani che abbiamo incontrato non sono bulletti o confezioni vuote, come certa propaganda televisiva semplicistica tende a dipingere... sono state sorprese di umanità e gentilezza, diversi, veramente diversi dentro. È a loro che dedichiamo questo lavoro cresciuto ai margini, nei luoghi artificiali del consumo.
Il primo movimento si è avviato fra i centri commerciali, nuove cattedrali delle periferie della provincia italiana, dove Silvia, distribuendo volantini con scritto "Mi sto cercando", ha avvicinato casualmente Sergio, di Buenos Aires, e... la sua "espressione di attesa era così intensa" che ci ha indotto a portarlo sul palco, con il suo basso, sebbene non avesse mai fatto - e visto - teatro... A Valence è arrivato Mario, che vive a Parigi, è filippino d'origine e da poco cittadino italiano... anche lui lontano dal teatro, ma immerso nella musica e con diversi anni di danza di strada alle spalle: è entrato con assoluta spontaneità in questo spettacolo-esperimento che fa dell'apertura al rischio e alla fragilità nell'esporsi i suoi cardini poetici. Poi, nel giugno '08 un'ulteriore residenza ad Halle Neustadt, il quartiere satellite, la città nuova, ideale, creata per lavoratori di un utopico socialismo reale crollato e venduto a pezzetti come quelli del muro che ancora si comprano all'aeroporto, e qui, in una sala prove fatiscente, abbiamo incontrato Ines, cantante e studentessa di musica... dopo 10 giorni di prove, si è trovata davanti alla platea gremita ed entusiasta di Theater der Welt... Quest'ultima città della ex-Ddr porta impressi sui muri i segni della fine e della fuga: fine di un sogno-regime, di "un altro mondo possibile" schierato contro e dell'avvento omologante dell'unico modello vincente-perdente, la mono-cultura americana, che come tutte le mono-culture sfinisce e prosciuga anche i terreni migliori...
Ora anche ad Halle Neustadt in centro c'è una multisala e tanti centri commerciali che funzionano poco e male perché la popolazione è quasi dimezzata, le finestre sono in gran parte chiuse, i pochi giovani rimasti si aggirano per bande, come predoni sopravissuti a chissà quale disastro... sanno, sono al corrente, dell'avvenuto? Del perché i loro nonni parlano russo? Ecco, questo senso di fine, di post - e di resistenza tenace nel caos - è ciò che ci spinge a procedere, è l'animo di questo movimento di Ics, cortocircuito di vecchio e nuovo, interno ed esterno, vuoto e pieno, presente e memoria... gioventù e vecchiaia. Motus
MOTUS
Motus è stato fondato nel 1991 da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, strutturato sin dalle origini come nucleo di lavoro aperto alle ibridazioni fra arti e linguaggi. La follia d'amore, i meccanismi artificiosi della seduzione, i limiti del corpo e la sua indagine hanno da sempre invaso le scene del gruppo: O.F. ovvero Orlando Furioso impunemente eseguito da Motus ('98), Orpheus Glance e Visio gloriosa (2000), il progetto Rooms ('02). Una lunga residenza in Francia ha condotto alle liriche d'amore di Pier Paolo Pasolini, alla sua irrinunciabile attrazione «per i corpi senz'anima» che popolano le notti delle periferie romane in Come un cane senza padrone ('03) e L'Ospite ('04). È stato poi con Rumore rosa ('06) che il tema dell'amore e dell'abbandono è stato ancor più sviscerato, con l'avallo di alcuni stralci di dialogo furente da Le amare lacrime di Petra Von Kant, manuale d'amore universale e melodrammatico. Il 2006 ha visto anche un ritorno a Samuel Beckett, con la video-performance A place. That again, ispirata a All strange away, l'unico testo "pornografico" dello straordinario autore irlandese.
Per la Biennale Danza 2007, Motus ha dato avvio a X(ics) Racconti crudeli della giovinezza. La stessa ricerca sul rapporto fra generazioni ha condotto a un nuovo progetto ispirato alla figura di Antigone, che si svilupperà nel 2009 e 2010.
Motus è presente al Festival per la quarta volta, dopo Splendid's nel 2003, Come un cane senza padrone nel 2005, Rumore Rosa e Piccoli episodi di fascismo quotidiano nel 2006.