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dall'11 al 13 luglio
TORINO Istituto Anatomico

IL CASO LOMBROSO

di Cesare Lombroso
regia Sergio Ariotti

con Massimo Popolizio e Lorenzo Fontana
impianto scenico Carmelo Giammello
progetto espositivo Diego Beltramo
assistente alla messa in scena Olga Rossi
documentazione Stella Iannitto
direzione organizzativa e comunicazione Isabella Lagattolla
segreteria generale e ufficio stampa Andrea Prono
organizzazione e amministrazione Fabio Rizzio

produzione Festival delle Colline Torinesi / Università degli Studi di Torino / Il Contato - Teatro Giacosa di Ivrea

L’ultimo ventennio dell’Ottocento ed i primi anni del Novecento sono caratterizzati dalle fortune del pensiero positivista, spesso intimamente collegate a significativi episodi del rinnovamento ideologico-politico. I fautori del darwinismo, dello evoluzionismo si adoperano per imporre – in ogni disciplina – tesi di ispirazione scientista. Tutte le scienze naturali sono infatti considerate l’unica fonte legittima del sapere. Tra queste scienze naturali un posto di privilegio viene ad occuparlo l’antropologia, ma soprattutto l’antropologia criminale, che non a torto molti storici considerano il filone più singolare del positivismo italiano.
Dell’antropologia criminale in Italia fu, di fatto, creatore il veronese Cesare Lombroso, medico psichiatra la cui contraddittoria figura di studioso è ancora oggi più conosciuta per un’aneddottica dozzinale che non per le tracce consistenti da lui lasciate negli sviluppi delle branche medico-biologiche.
É possibile individuare nel suo lavoro tre contributi fondamentali: gli innovativi studi sulla pellagra che affliggeva le campagne italiane, le interpretazioni rivoluzionarie seppur discutibili della delinquenza – importanti anche per il riformato diritto penale – le indagini minuziose sulle relazioni tra genio e follia.
La fama coeva di Cesare Lombroso – professore di medicina legale a Torino dal 1876 – è comunque legata soprattutto all’individuazione delle presunte anomalie fisiche e psichiche dell’uomo criminale.
La concezione lombrosiana del delinquente prende ispirazione da una ferrea catena di presupposti – molti dei quali verranno totalmente confutati - quali ad esempio il rapporto meccanico tra cervello e intelligenza, organo e funzioni, alterazioni biologiche e caratteriali. Una ricetta astratta, troppo dimentica delle incidenze sociali, eppure – nell’Italia post-risorgimentale – benefica: per la prima volta, pur con gravissime lacune, il delitto veniva interpretato, come malessere e non come colpa magica, diabolica, irrazionale.
Se è vero che l’esasperazione delle teorie lombrosiane può condurre a pregiudizi razzistici è altrettanto vero che Lombroso per primo applicò alla devianza schemi classificatori, aprendo la strada ad una comprensione meno repressiva di certe anormalità.
Immenso il suo lavoro di documentazione, significativo in rapporto alla storia del costume.
Per più di trent’anni egli passò al setaccio di un’analisi minuziosa quasi maniacale folle di delinquenti, pazzi, estrosi, tutta la popolazione del malessere che aveva a tiro. Utilizzò strumenti moderni d’indagine come il disegno segnaletico, il rilievo antropometico, la fotografia.
Altrettanto notevoli le raccolte dei cosiddetti palimsesti dal carcere, oggetti artistici o pseudo tali disegnati, progettati, costruiti da prigionieri; autobiografie di truffatori, ladri, corrigendi.
Lombroso è figlio del suo tempo “ossessionato – come scrisse Gramsci – dal problema della criminalità fino a farne una concezione del mondo”.

Dopo lo studio presentato lo scorso anno, il personaggio di Lombroso viene di nuovo “affrontato” da Massimo Popolizio proprio nello storico "Palazzo degli Istituti Anatomici" di Torino, nelle cui aule egli teneva lezione. Oggi l’edificio, dove è ospitato il Museo di Anatomia Umana, è stato scelto, grazie ad una convenzione tra Università di Torino e
Regione Piemonte, come sede di sviluppo del "Museo dell'Uomo", che vedrà riuniti in uno stesso spazio il Museo di Anatomia Umana, il Museo Cesare Lombroso e il Museo di Antropologia ed Etnografia. Il termine dei lavori di allestimento dei musei è previsto per il 2004, ricorrenza del sesto centenario della fondazione dell'Università di Torino.

Parte integrante dello spettacolo sarà una piccola mostra dedicata a Lombroso e al suo tempo, con reperti, fotografie e installazioni, organizzata in sei stazioni: la vita, gli studi sulla pellagra, la strumentazione, la criminalità, palimsesti dal carcere, il cranio di Vilella. La mostra è stata progettata in collaborazione con il Dipartimento di Anatomia Farmacologia e Medicina Legale.

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